Collezione: Diamanti di Laboratorio

La storia dei diamanti sintetici inizia negli anni '50 con lo sviluppo della tecnica HPHT (High Pressure High Temperature), che ha permesso la produzione industriale di diamanti, inizialmente utilizzati
nel settore delle telecomunicazioni.
Negli anni '70, la General Electric perfezionò questa tecnica, riuscendo a realizzare diamanti di dimensioni adeguate per la gioielleria, classificati come Gemma.
Negli anni 2000, fu introdotta la tecnica CVD (Chemical Vapor Deposition), che ha ulteriormente migliorato la qualità dei diamanti sintetici, sia nel colore che nella purezza, rendendo il loro costo sempre più competitivo e aumentando la loro diffusione nell'industria gemmologica.

Per comprendere i diamanti sintetici, è utile analizzare i diamanti naturali: questi si formano a profondità di 150-225 chilometri sotto la crosta terrestre, a temperature di circa 900 °C e pressioni di 50.000 atmosfere.
Questi diamanti risalgono alla superficie attraverso il magma, accumulandosi in cavità a forma di imbuto, note come camini diamantiferi.
Solo il 30% di questi camini contiene diamanti, e di questo, solo l'1% è sfruttabile commercialmente.
Le principali aree di estrazione si trovano in Africa, Russia e Australia.

È importante notare che i diamanti sintetici non sono diamanti falsi.
Sono cristalli con la stessa composizione chimica (carbonio) e struttura dei diamanti naturali, rendendoli indistinguibili per caratteristiche fisiche e chimiche.
Al contrario, i diamanti falsi, come lo zircone cubico e la moissanite, sono minerali diversi, pur potendo sembrare simili ai veri diamanti.

Come riportato dal Gemmological Institute of America (GIA) esistono due metodi per la produzione di diamanti sintetici.
L'HPHT utilizza un sistema di incudini metalliche per generare pressione e temperatura estreme, dove un "seme" di diamante e polvere di grafite o diamante vengono trasformati in un nuovo diamante. Catalizzatori come ferro, nichel e cobalto vengono utilizzati per accelerare il processo, e possono rimanere nel diamante
come tracce distintive.
La tecnica CVD, invece, opera a pressioni e temperature inferiori.
Un piccolo diamante sintetico, creato tramite HPHT, viene inserito in un'apparecchiatura con gas contenente carbonio, come il metano. La rottura dei legami del metano consente al carbonio di depositarsi sul seme, facilitando la crescita del cristallo.

Quindi, come si distingue un diamante naturale da uno sintetico?
Sebbene le proprietà chimiche e fisiche dei diamanti naturali e sintetici siano praticamente
identiche, la modalità di crescita dei diamanti sintetici comporta alcune piccole differenze.
Per identificare un diamante sintetico rispetto a uno naturale, solitamente si effettuano tre principali test: fluorescenza, inclusioni e test di rifrazione.
Nessuno di questi test, preso singolarmente, può fornire una risposta definitiva. Per questo motivo, gli esperti gemmologi tendono a utilizzare un approccio combinato, impiegando più tecniche per arrivare a una valutazione più accurata.

In conclusione, i diamanti sintetici si presentano come un'alternativa decisamente più
sostenibile rispetto ai diamanti naturali, sia in termini di costi di produzione che di impatto ambientale.
Inoltre, dal punto di vista economico, sono significativamente più accessibili rispetto ai diamanti naturali.

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